Oggi è proprio oggi, il 24 agosto del 2016. Nel cuore della notte la terra ha tremato sui Monti Sibillini interrompendo la vita di molte comunità aggrappate alle montagne tra Rieti e Ascoli Piceno, lungo la via Salaria. Un terremoto di magnitudo di poco superiore ai 6 gradi della scala Richter, equiparabile a quello della vicina Aquila del 2009, ha ucciso quasi 300 persone in pochi istanti.
Il centro più importante e che paga il pedaggio più altro alla sciagura è Amatrice, da cui il famoso piatto laziale. Oggi i terremotati sono loro, gli abitanti di queste montagne, ieri gli emiliani, l’altro ieri gli aquilani, prima ancora gli umbri, e poi gli irpini, i friulani e una lista lunghissima. Mediamente una scossa che porta distruzione ogni cinque anni. Una discreta media. Viene il dubbio che più terremotato dei terremotati sia un paese che, inconsapevole di ciò che sa bene, nulla ha fatto e nulla farà, nonostante i proclami già sentiti mediamente ogni cinque anni, per mettere mano a un tema così rilevante.
Le soluzioni efficaci possono essere molte e tutte costano, tempo soldi impegno. L’unica cosa certa che in altri paesi nel mondo un sisma di queste magnitudo non si porta via un tributo di sangue e di distruzione così ingente. Abbiamo piani straordinari contro il dissesto idrogeologico, ma ogni stagione frana una collina o un corso d’acqua si porta via qualcuno. Abbiamo piani straordinari per il rischio sismico, ma ogni terremoto abbatte anche le strutture che dovrebbero essere state già messe al sicuro. I piani non mancano, come le leggi. Manca solo qualcuno che trasformi la carta in qualcosa di concreto che non sia solo carta moneta!