Oggi nel 1860 a Bronte, sulle pendici dell’Etna in Sicilia, Nino Bixio, luogotenente di Garibaldi, metteva a morte per fucilazione 5 persone, colpevoli di aver creduto un pò troppo alla propaganda dei liberatori della Spedizione dei Mille.
Giuseppe Garibaldi, e il Conte Camillo Benso di Cavour, sapevano bene che se volevano avere successo con una spedizione di solo un migliaio di uomini per sollevare l’intera isola siciliana contro il Regno borbonico di Napoli avevano bisogno di almeno due fattori chiave: il primo il sostegno della popolazione, giusto per non fare la fine dei fratelli Bandiera; il secondo la condiscendenza della marina inglese di sua maestà la Regina Vittoria alla fonda nei porti siciliani.
Come questi due fattori determinanti per il successo della Spedizione dei Mille c’entrino con i fatti di Bronte è presto detto: il 2 agosto gli abitanti di Bronte, nei Nebrodi oggi parco nazionale, si ribellarono all’aristocrazia terriera che li dominava, economicamente e politicamente. Lo fecero, poveri contadini ignoranti, sull’onda dell’entusiasmo delle fulminee vittorie di Garibaldi che, sbarcando l’11 maggio a Marsala, aveva promesso di liberare i siciliani dai Borboni, dalla miseria e dalle ingiustizie. Per fondare una nuova società, come il Gattopardo di Giuseppe Tommasi di Lampedusa ha ben rappresentato.
Non capivano che però si ribellavano ai padroni sbagliati. Infatti a Bronte erano forti gli interessi fondiari inglesi. Non a caso Horatio Nelson, il trionfatore di Trafalgar, si firmava duca di Bronte. Gli stessi inglesi che, qualche mese prima, avevano girato l’angolo dal porto di Marsala casualmente proprio quando Garibaldi sbarcò la sua truppa.
Così Bixio non trovò di meglio da fare per ristabilire l’ordine che processare sommariamente 150 persone, mandandone ancora più sommariamente a morte cinque. Morti per il pistacchio e per essersi ribellati al padrone sbagliato. Se il buon giorno si vede dal mattino...
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