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25 agosto, la Casa Bianca brucia


Pochi lo sanno da questa parte dell’Atlantico e poco volentieri lo ricordano dall’altra. Prima che gli Stati Uniti divenissero una potenza, inizialmente economica e poi militare, subirono una pesante sconfitta dall’impero inglese da cui si era emancipati da solo pochi decenni. Per alcuni versi fu una ripercussione oltreoceano delle guerre napoleoniche, anche se la storiografia non la ricorda così. Oggi nel 1814 bruciava quello che oggi è il simbolo della potenza americana, la Casa Bianca, residenza dell'uomo al momento più potente del pianeta.

Trovando gli americani i porti inglesi sbarrati dai tempi dell’indipendenza, e trovando ora sbarrati anche quelli francesi a causa dell’embargo inglese contro Napoleone, gli Stati Uniti si risolsero a dichiarare guerra all’impero britannico. Tentarono di invadere il Canada, con pessimi risultati, e furono pesantemente sconfitti sul suolo statunitense a Baltimora, New York e New Orleans. Addirittura una corpo di invasione inglese riuscì in un raid nella capitale, Washington, che fu messa a ferro e fuoco. Compresa la Casa Bianca, o meglio la residenza presidenziale, che fu ricostruita così come la conosciamo oggi.

Una delle chiavi di volta del successo canadese e inglese fu la promessa di liberazione agli schiavi afro-americani, così importanti per l’economia degli Stati Uniti. Tanto che l’attuale inno americano, composto in occasione dell’assedio di Baltimora, recita alla terza strofa:

Nessun rifugio ha potuto salvare il mercenario e lo schiavo
dal terrore della fuga, o dalle tenebre della morte.
E la bandiera adorna di stelle sventola in trionfo
sulla terra dei liberi e la patria dei coraggiosi.

Chissà se anche il presidente Obama canta per intero il suo inno nazionale, la bandiera adorna di stelle...

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