Pierluigi Boschi, il papà, è indagato. Ce lo dice La Stampa di Torino il 20 marzo scorso. E’ indagato, insieme a tutta una serie di mammasantissima aretini come lui, per il buco della Banca Popolare Etruria che secondo le perizie del Tribunale ammonta in totale a 1,1 miliardi di euro, con circa 305 milioni di euro di debito ancora a carico di ciò che resta della vecchia banca dopo lo scorporo delle attività sane. Un buco cresciuto su clientele, favori e interessi di cui nessuno parla.
Ci informa il Fatto Quotidiano il 23 marzo scorso, invece, che il commissario liquidatore, Giuseppe Santoni, ha chiesto a Pier Luigi Boschi di pagare 300 milioni di euro, in solido con altri 36 ex manager. La lettera, spedita il 17 marzo, chiede agli amministratori e sindaci delle gestioni del periodo 2010-2015 di pagare a causa delle condotte illecite e di mala gestio accertate dalla Banca d’Italia e confermate all’esito delle verifiche. Oltre a Boschi nella lista dei 37 ci sono gli ex presidenti Lorenzo Rosi e Giuseppe Fornasari, l’ex direttore generale Luca Bronchi e l’ex vicepresidente Alfredo Berni.
Dovremmo desumere che la Procura indaga reati penali e Banca d’Italia ha appurato condotte illecite e cattiva gestione. Anche a carico del papà della ministro. Perché in Parlamento non se ne parla più?
Non finisce qui: il Pubblico Ministero che si occupa del caso Banca Etruria è un consulente della Presidenza del Consiglio dei Ministri, incaricato quando Enrico Letta era ancora sereno e premier. Poco male, di per sé. Audito dal CSM il 28 dicembre 2015 sui suoi rapporti con la famiglia Boschi il dottor Rossi afferma: «Non conosco nessuno della famiglia Boschi. Non sapevo neanche come fosse formata». Peccato che nel 2010 si era proprio lui occupato di un’altra inchiesta su papà Boschi legata a una turbativa d’asta. Realizzato lo scivolone, pubblicato nel frattempo dalla rivista Panorama, con una lettera del 20 gennaio 2016 lo stesso PM Rossi quindi smentisce al CSM le dichiarazioni rese a riguardo.
Consiglio Superiore della Magistratura in cui siede, dal 2014, Giuseppe Fanfani, già avvocato di papà Boschi proprio nell’indagine già citata del 2010. Torniamo allora a questa inchiesta, per inquadrare meglio i protagonisti di questo intreccio.
Pierluigi papà Boschi nell’ottobre 2007, quale presidente della Valdarno Superiore acquista 303 ettari di terra buona per 7,5 milioni. Un mese dopo la cooperativa che presiede indica che il terreno sarà ceduto alla Fattoria di Dorna, azienda agricola costituita solo il 29 novembre 2007 dallo stesso papà Boschi che ne detiene il 90% delle quote. Le altre quote, inizialmente il 10% poi arrivato fino al 66% sono in mano a tale Francesco Saporito, immobiliarista calabrese. La Guardia di Finanza, in un’informativa inviata alla Procura di Arezzo il 21 gennaio 2010, lo segnala come referente, assieme alla famiglia, di organizzazioni malavitose riconducibili alla ‘ndrangheta. L’inchiesta viene archiviata nel 2013, dopo l’elezione di Maria Elena figlia Boschi alla Camera dei Deputati.
Dimenticavo: Giuseppe Fanfani che viene eletto dal Parlamento, su indicazione del PD di Matteo Renzi, nel CSM oltre che avvocato di papà Boschi è anche già stato sindaco di Arezzo e nipote del leader della Dc Amintore.
Piccolo il mondo!? Ma questo è solo l’inizio, perché l’intreccio di affari e interessi che si dipana da Banca Etruria è veramente degno del peggio della storia della Repubblica. Così nei prossimi giorni andremo da Verdini a Licio Gelli, passando anche per il babbo di Renzi. Perché, come dice il ministro Marie Elena figlia Boschi bisogna avere rispetto del lavoro fatto da questo Parlamento per l'approvazione della riforma costituzionale e votare sì. Che questi signori non hanno mica tempo da perdere...
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