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7 agosto, Bin Laden si fa conoscere

 
E lo fa da par suo, con due attentati alle ambasciate americane in Tanzania e Kenia. È il 1998, nessuno immagina ancora che le Torri Gemelle possanno collassare sotto il loro stesso peso colpite da due aerei di linea carichi di passeggeri e carburante. Muiono 224 persone, oltre 4 mila restano ferite, ma le vittime statunitensi sono solo 12. Una carneficina di africani in due città prevalentemente cristiane.

Allora il mondo, almeno quello occidentale, si godeva il trionfo nella guerra fredda, convinto di aver affermato, ancora una volta e forse definitivamente, la propria egemonia su tutti i popoli del mondo. Tanto sicuro di sé da arrischiarsi ancora una volta a riaprire il vaso di Pandora della Globalizzazione.

Quella mentalità oggi non esiste più, quasi neppure a Wall Street. Almeno non così sfacciata e arrogante. Sembrano passati ben più di vent'anni e forse altrettanti ne serviranno per realizzare dove l'economia-mondo ci sta portando e come riordinare le vite secondo uno schema apparentemente logico e velleitariamente finalistico.

Intanto resta una sensazione di caos, cui Bin Laden ha contribuito significativamente. Come capistipite di un salto di qualità rispetto alle guerre e al terrorismo locale, ancora incastrate nello schema delle super-potenze contrapposte, del dopoguerra.

Da una parte la finora pacifica ma travolgente crescita economica cinese e dall'altra il rigurgito di un Islam dopato dai petroldollari che non si vuole rassegnare alla modernità.

Sarebbe interessante recuperare e raccogliere finalmente in una visione di insieme tutti i fatti salienti di questa guerra mondiale a pezzi, partendo dall'Afghanistan sovietico degli anni ’80 e dalla guerra tra Iran e Iraq seguita alla conquista del potere da parte degli Ayatollah sciiti. Capiremmo meglio perché, volenti o nolenti, religione e fede hanno un ruolo determinante, nonostante si cerchino di cancellarne le tracce, nello stato di tensione permanente in cui ci siamo, inaspettattamente, ritrovati: la Dar Al-Harb, la casa della guerra dove appunto vivono gli infedeli.

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